sabato 29 dicembre 2007

Emissioni Zero


Verdure di stagione, docce brevi, luci a bassa intensità, poco riscaldamento.
Per sette giorni ho provato a vivere consumando il minor quantitativo di CO2, niente auto, poco cibo, la mia vita a emissioni zero
di PAOLO RUMIZ

C'è un uomo che vive al freddo, senza automobile e con la dispensa semivuota. Mangia poca carne, riutilizza la carta usata e va in bici al mercato per comprare rape sporche di terra dai contadini. E' un cuorcontento, accetta ogni restrizione e anche nei giorni di festa vive lietamente con i motori al minimo. Chi può essere? Un originale, direte. Un poveraccio con la pensione da fame. Sbagliato. Quel tale è un paladino solitario di "Emissione-zero", uno che tenta di vivere producendo il minimo di Co2, il gas che la civiltà dello spreco spara nell'atmosfera surriscaldando la Terra e chiudendoci tutti in una cappa mortale. Uno che cerca di vivere mirando a quello zero impossibile, testardamente, per salvare il mondo che verrà. Ecco, per una settimana ho provato a vivere così. All'osso, calcolando l'equivalente in anidride carbonica di ogni minimo atto. Ho misurato i chilometri in treno, il cibo consumato, i tempi di cottura, gli sciacquoni, e poi ho tirato le somme. Risultato? Ho consumato metà della metà e la mia vita è cambiata. Sono diventato più ricco, più leggero, più sensibile all'insulto dello spreco. E sicuramente più ai ferri corti con un Paese che non fa nulla per premiare il consumo virtuoso. La storia comincia quando sento parlare di una società di Legambiente dal nome trasparente di "Azzero Co2", col timbro del Kyoto Club. Telefono, dico cosa vorrei fare, spiego che vivo a Trieste, in una situazione ottimale, già di "bassa energia". Non sono pendolare, non ho auto né lavastoviglie, sto a un secondo piano senza ascensore e ho tutto sotto casa: ufficio, negozi, stazione. La Tv l'ho buttata per manifesta inutilità; possiedo solo una radiolina a onde corte e un glorioso telefonino vecchio di sette anni. "Lei è un virtuoso", annunciano. Ma la virtù non basta: loro vogliono accertarsi che sia anche matto abbastanza per sottomettermi alle prove più dure. Così frugano nella mia privacy, annotando ogni minuzia dei miei consumi e si buttano nel conteggio. Elettrodomestici, caldaia, luce, eccetera: totale 2427 chilowattore annui, corrispondenti a 1578 chili di Co2, come sette frigoriferi pieni. Al giorno fanno 4,32. La metà della media europea che è di nove chili pro capite, dato confermato da Greenpeace. "Ottimo - penso - parto in vantaggio". Invece no, non sono inclusi i trasporti, e sono proprio quelli che sballano il conto. L'aereo soprattutto, che spara gas-serra in quantità letali. Solo per ricuperare i voli di quest'anno, mi dicono, dovrei piantare alberi per una vita. Replico che sono pronto, anche a non volare più, come Terzani dopo il famoso incontro con l'Indovino. Risposta: "Intanto cominci leggendosi un bel vademecum di consumo etico". L'inizio è terrificante. Regole penitenziali a raffica. Se fosse prescritto anche il caffè di cicoria, sarebbe un perfetto manuale di autarchia fascista. Ma è una guerra necessaria: Co2 è in agguato ovunque. Nei cibi refrigerati e nelle lunghe cotture. Nelle confezioni luccicanti di plastica e nel cibo che ha alle spalle grandi distanze di trasporto camion. Soprattutto nella carne, perché il foraggio inquina cento volte più del letame. Scopro che la mia vita va rivoltata come un calzino. Devo acquistare il pane sotto casa; comprare verdure di stagione, meglio se locali; fare scorta di legumi secchi e abbandonare l'acqua minerale. E poi luci a basso consumo, riscaldamento minimo, docce brevi non quotidiane e - ovviamente - raccolta differenziata della spazzatura. Ultimo sigillo: viaggiare meno. Solo treno e bicicletta. Mi dicono che avrò a disposizione consulenti "etici", pronti a sciogliere i miei dubbi e a calcolare l'effetto-Co2 delle mie giornate, sulla base di un rapporto quotidiano che mi impegno a mandare. "Lo zero se lo scordi - mi smontano in partenza - a quello non arriva neanche un monaco tibetano". Chiedo almeno quale può essere un buon obiettivo. Risposta lapidaria: "Il massimo". Tanta è l'apnea della Terra.
MERCOLEDI' - PRIMO GIORNO Mi sento sommerso di divieti, come un ebreo osservante cui è prescritto anche il piede con cui scendere dal letto. Dio mio, se devo stare attento a ogni boccone che mangio, al compostaggio, al riciclaggio eccetera, il mio diventa uno sforzo monomaniaco, e allora dove va a finire l'etica se non ho più tempo per accorgermi del mendicante sotto casa? E poi come racconterò tutto questo? Elencare una serie di piccoli gesti sparagnini è una noia mortale; come tenere un diario di bordo restando chiusi in cambusa. Una sfida narrativa oltre che ecologica. Per cominciare azzero tutto, nel timore di sbagliare. Per un giorno, niente riscaldamento, acquisti, spostamenti. Posso farlo, la dispensa è piena, non ho viaggi in vista e fuori fa un caldo schifoso. M'accorgo che posso cucinare anche senza il fuoco, così mi regalo un pranzo con acciughe marinate, pane e spinaci crudi col parmigiano a scaglie. Funziona, ma sono pieno di dubbi. E' Natale ma sul mio tavolo è quaresima. E poi che senso ha tirare la cinghia se il mondo continua a vomitare gas fottendosene del domani? A fine giornata mi sento strano e leggero, come dopo un Ramadan.
GIOVEDI' - SECONDO GIORNO Avvio energico. Avvito una cassetta sul retro della bici e, così bardato, affronto il mercato ortofrutticolo. In un angolo trovo un contadino che ha steso a terra un tappeto di meraviglie dimenticate. Verze terragne, crauti, aglio piccolo e pestilenziale, miele di ape dalmatica, uova ruspanti. Compro rape e cachi. Non un'occhiata alle fragole spagnole e ai pomodori di serra. Spendo la metà del solito e mi faccio pure una chiacchierata. Intanto arriva la buona notizia: la prima giornata è andata bene: 1.57 chili di Co2. Grande. Ma la sera mi chiama Repubblica, l'indomani mi spediscono a Monza per servizio ed è chiaro che il viaggio sballerà la media Co2. Ma è meglio così, lo scontro si fa duro. Così scelgo il massimo: solo treno, niente taxi e partenza con bici al seguito. Cominciano le sorprese: gli Eurostar non hanno il vano necessario al trasporto. In Italia le due ruote viaggiano solo su polverosi regionali, il che vuol dire cambi continui e tempi da tradotta del Piave. Comincio a capire. La mia è una guerriglia, un atto eversivo. Devo rassegnarmi ad avere il sistema contro. Tengo duro, cerco ancora, finché scopro sull'orario cartaceo che un treno veloce col porta-bici esiste. Va a Schaffhausen, Svizzera. L'unico, in tutto il Grande Nord. Dai, che ce la fai. La bici comporta altre complicazioni. La liturgia del bagaglio cambia completamente. Devo dividerlo in due sacche e metterci accanto lo zainetto da computer. Come ricambio, niente camicie: solo magliette che non si stirano. Un salutare esercizio di alleggerimento. Dovrei anche cercare un albergo eco-compatibile - c'è una guida apposita che li elenca - ma è troppo complicato e chiedo a un amico di ospitarmi. Sotto casa scopro un'osteria nuova, mi faccio un baccalà in umido e un calice di rosso. Per la prima volta sono ottimista: a fine giornata ho prodotto 1.22 kg di Co2. Un po' meglio di ieri.
VENERDI' - TERZO GIORNO Dal treno per Venezia vedo migliaia di camion fermi in una nube di Co2. Tradotte di agnelli dall'Ungheria alle Calabrie, yogourth francesi diretti in Friuli. Lo sciopero-incubo è finito da una settimana e tutto è come prima. L'Italia ostaggio dei Tir, come il Cile di Allende. A Mestre piazzo le due ruote sull'Intercity. Nella tratta italiana il vano-bici non lo usa nessuno, è tristemente vuoto. In carrozza la gente mi guarda strano. Esco dagli schemi: viaggio con un mezzo povero, ma porto una cravatta elegante e un cappello da rabbino (naturalmente l'ho fatto apposta). A Vicenza mi si siede accanto una mamma ansiogena con due bambini-mostri. Il dialogo si limita al cibo: tavola pancino fame prosciutto mangia bevi ancora basta finisci gnam gnam. Il maschietto ripete: mio mio mio. Poi, guardando il vuoto: io io io io. Conosce solo l'ausiliare "voglio". Ignora il "posso" e il "devo". Risate, urla, colpi ai tavolini senza timore di punizioni. E' chiaro: sono i bambini il primo anello della catena dello spreco. Ai bambini non si nega nulla. Il livello mondiale di Co2 dipende anche da loro. Il bar della stazione di Milano è una mostruosa macchina di rifiuti. In un minuto vedo sparire nelle borse dei viaggiatori tonnellate di confezioni di plastica. Fuori l'aria è irrespirabile, inghiotto polveri sottili per una settimana. Ma è un avvelenamento utile: aumenta la rabbia e la voglia di cambiare. Sento che in me sta avvenendo una trasformazione irreversibile. La sera a Monza piove. Non demordo, pedalo nel buio in mezzo a villette blindate, tra soli immigrati, fino a destinazione, un condominio di periferia. A intervista finita mi chiedono di restare a cena. Accetto, ma è un clamoroso errore. Per restare nella norma devo rinunciare al meglio: lo stufato di manzo, perché ha consumato troppo gas. Ci ridiamo su, ma io torno a Milano-Centrale scornato, bici-treno nella nebbia tra torvi pendolari lumbard.
SABATO - QUARTO GIORNO Rientro a casa. A Mestre tutti i treni sono in ritardo ma in compenso quaranta megaschermi sparano in simultanea pubblicità per intontire l'utenza. Un costo spaventoso in termini di inquinamento, acustico e atmosferico. Ma nessuno si ribella, siamo una repubblica delle babane. Tacere, obbedire, consumare. La carrozza per Trieste è surriscaldata (mi prendo un raffreddore da fieno) e piena di telefonini sintonizzati sul nulla. Ragazzi ridono ascoltando da un computer una voce che gracchia minacce anti-immigrati in un veneto barbarico condito di bestemmie. Torno a casa nella pioggia, stanchissimo, ma la performance Co2 del viaggio è buona: 26.81 (14.40 + 12.41) in due giorni, tutto compreso.
DOMENICA - QUINTO GIORNO Vado in centro, tra le luminarie. Gli italiani saranno anche più poveri ma i loro carrelli sono stracolmi. In un Paese che frana riempire la dispensa è una terapia ansiolitica, l'unica consentita. Dilapidare, per non pensare che si sta dilapidando. Ma la paura affiora negli sguardi. E' quasi Natale e nessuno sorride. A me sembra invece di sentire le feste per la prima volta dopo anni. Approfitto della domenica, vado in ufficio e metto la stanza in assetto-risparmio. Nella risma della fotocopiatrice piazzo fogli già usati da un lato, poi elimino ogni situazione di stand-by e faccio strage di luci inutili. E la sera, visto che ho un cesto di pane secco, metto a mollo le pagnotte per fare gli gnocchi. Ricetta della nonna, con aggiunta di speck, aglio, formaggio, prezzemolo eccetera. Vengono una meraviglia, e la performance migliora ancora: 0.97.
LUNEDI', NATALE - SESTO GIORNO E' Natale e faccio la rivoluzione. Chiudo il freezer, tanto non serve. Visto che è dicembre, metto in terrazza una dispensa per le verdure. Sposto il tavolo vicino alla finestra per consumare meno luce. Compro due prese elettriche intelligenti, che si disattivano quando le batterie del telefonino o computer sono cariche. Installo in bagno un rompi-getto, che dimezza i consumi. Ordino un carica-telefonino da bici che sfrutta l'energia della pedalata. Ormai ci ho preso gusto. Sostituisco il dentifricio col bicarbonato. Elimino i sacchi di plastica della spesa e metto accanto alla porta una borsa con le ruote. Poi divido le immondizie alla tedesca. Cinque contenitori: vetro, plastica, cibo e carta, divisa tra confezioni alimentari e giornali. E' un atto solo simbolico - nella civilissima Trieste non esiste raccolta differenziata - ma che importa: mi serve come autodisciplina e a capire quanto spreco. La prima somma è stupefacente: in cinque giorni la spazzatura si è dimezzata. Mi chiedo: perché, accanto alla Costituzione, a scuola non si insegna anche consumo etico? Perché i presidi non smantellano quegli osceni distributori di merendine? Mi accorgo di tante cose, per esempio che i negozi di cose "biologiche" hanno spesso prezzi immorali e vendono roba che ha alle spalle trasporti lunghissimi. Un imbroglio per ricchi e malati terminali. Un amico mi sfotte, dice che lo sforzo è patetico e il mondo affonderà lo stesso. Rispondo che la parola "Economia" viene dal greco e significa "gestione della casa". Vuol dire che gli antichi sapevano: il mondo si cambia partendo dal proprio piccolo. Sì, sento che funziona. Sono entrato a regime: il bilancio della giornata è ottimo: 0.75. E' una settimana che non accendo il riscaldamento e l'idea che Putin - il "genio" della fiamma azzurra nel mio bollitore - abbia guadagnato meno, mi fa godere.
MARTEDI' - ULTIMO GIORNO Invece dell'abete natalizio, che non ho mai comprato, trovo dai Forestali una piantina di quercia e salgo a piantarla in un parco di periferia. Scopo della missione: compensare l'anidride emessa nel viaggio a Milano. Per coerenza ci vado a piedi, seguendo le prescrizioni di Kyoto. Poi torno in città felice, con le mani sporche di terra e una fame da bestie. Così ho santificato le feste. Chiudo la mia settimana "all'osso" invitando a casa tre amici. Cena natalizia autarchica: tonno marinato con sedano e cipolla, seppie in umido. Al posto delle lampadine, candele; e così scopro che con la luce bassa ci di diverte di più. C'è un gran discettare di consumi, la storia di Co2 appassiona tutti. Il risultato del giorno è ottimo: 0.36. Un decimo della mia già virtuosa base di partenza. Festeggiamo con coppe di yogurth coperto di miele e mirtilli secchi, poi una grappa di Ribolla. In una settimana ho messo a segno una media-record di kg. 0.84 di Co2, che sale a 4.52 con tutto il viaggio a Milano (senza lo sconto dell'albero piantato). E' stato difficile? Per niente. A Natale finito ripenso ai supermarket, agli schieramenti di inutilità luccicanti, e mi sembra di rivedere i reduci malconci di una guerra perduta, mille anni fa.

di PAOLO RUMIZ (28 dicembre 2007)

venerdì 14 dicembre 2007

"Rifiuto" o "Bene"


Ecco qui alcuni link utili per informarsi sulle varie possibilità di riuso di quelli che vengono chiamati prematuramente "rifiuti":
  1. a Venezia degli studenti dello IUAV hanno progettato un cassonetto speciale, come un armadio pubblico, per mettere al riparo gli oggetti che si vogliono dare via: www.rifiutoconaffetto.it
  2. x baratto digitale: www.zerorelativo.it
  3. idea che viene da Parigi, estesa anche a Roma dove si tiene la giornata del Grande Dono, organizzata da i CreAttivi; con manifestazioni legali che non prevedono scambi di denaro ma solo donazioni: www.icreattivi.tk
  4. a mestre, bar barAtto, dal 26/12/2007 verrà fatto San Baratto: www.baratto.org
Buona lettura/riflessione

sabato 3 novembre 2007

L'Italia che gode e quella che rode.

Questa è l'Italia... tutti si lamentano dei politici corrotti e ladri, ma quando poi un semplice impiegato delle poste vede davanti a se la possibilità di farsi un ponte che non gli spetterebbe, ecco aprirsi mille possibilità e risorse per godersi la vita fregandosene di chi potrebbe aver bisogno di lui.

Bravi, continuiamo così, chi è più furbo gode e chi non s'ingegna rode.
Leggete quest'articolo pubblicato oggi su repubblica.it:

Decine di persone in fila ma è il 2 novembre
il giorno dopo il festivo. E l'ufficio di fatto è chiuso

Anagrafe aperta, il ponte la chiude
Un commesso avverte: tutti malati

di GABRIELE ROMAGNOLI


ROMA - Lo specchio di questo Paese è la serranda abbassata di un ufficio anagrafe in un giorno che avrebbe dovuto essere lavorativo e la reazione della folla rimasta nella vana attesa della pratica a cui aveva diritto. Accade a Roma, Circoscrizione II, piazza Grecia. È il 2 novembre, il giorno precedente è stato festivo, i due seguenti lo saranno: si cammina sul percorso sdrucciolevole di un ponte, ma nessuno immagina che sia già stato minato.

Alle 8.30, presunto orario di apertura, la porta resta chiusa. Alle 8.40, quando arrivo, sono il secondo di una fila che ben presto si allungherà. Un cartello ammonisce: "Non forzare l'ingresso fuori dagli orari di ufficio". Sono le 8.45: dunque, forziamo?
Inutile, spiega il primo della fila: pochi minuti fa ha provato e, da uno spiraglio, gli è apparso un omino intimorito, con l'aria dell'ultimo sopravvissuto a Fort Apache. "Non c'è nessuno - si è giustificato - . Io sono solo un commesso, non posso fare certificati. Gli impiegati sono tutti malati. Non prendetevela con me, sono un cittadino come voi". E ha richiuso.

Siamo in dodici ora, cittadini come lui. Un ragazzo è venuto da Milano per fare un cambio di residenza e non può restare fino a lunedì perché ha esami al Politecnico. Un uomo ha rinunciato, lui sì, al ponte per una variazione di domicilio che gli serve d'urgenza. Io ho bisogno di uno stato libero perché un notaio pignolo vuole essere certo che ventidue anni fa non ero sposato con nessuna. La burocrazia è così: pretende l'impossibile e poi non te lo lascia ottenere. Bussiamo alla porta: nessuno risponde, il commesso si è barricato. Prendo il cellulare e chiamo il centralino del Municipio di Roma, che è efficiente e risponde subito.
Gli spiego la situazione, mi qualifico e ottengo l'assicurazione che indagheranno e richiameranno.
Lo fanno dopo cinque minuti. La situazione è incresciosa, spiegano: in effetti l'ufficio ha cinque impiegati, ma uno è in ferie e gli altri, beh, sono malati. Esistono certificati che lo attestano. Una coincidenza, immagino. La cortese funzionaria all'altro capo ammonisce: non possiamo fare un processo alle intenzioni. E neppure a chi prende in giro la funzione pubblica che ricopre.

In quel momento mi accorgo che anche altri cittadini in fila si sono attaccati al cellulare. Dico: "Se state chiamando il Comune, ce l'ho già in linea". Mi guardano come fossi appena atterrato dal pianeta Papalla. Uno copre il ricevitore: "Veramente stavo cercando di contattare Report". La signora al suo fianco obietta: "Secondo me sarebbe meglio Striscia". Un terzo uomo allarga le braccia: "Come siamo ridotti: doverci rivolgere alla televisione per avere giustizia". Un coro gli risponde: "Sennò a chi importerebbe?".

Eccoci qua, Italia 2007: lo Stato è rappresentato da questi quattro impiegati in malattia, che magari sono pure sostenitori dell'antipolitica (ma l'esempio, sarebbe ora di ammetterlo, viene dal basso, se non altro per una questione quantitativa). E di fronte all'ingiustizia nessuno pensa di chiamare i vigili (tanto saranno anche loro malati, o non verranno), di denunciare l'interruzione di pubblico servizio (potrebbe avere effetto solo finendo sul tavolo di un magistrato che non è ancora stato in tivù, ma esiste?) e nemmeno, questo devo ammetterlo con tristezza, di rivolgersi a un giornale. Restano il Gabibbo o la Gabanelli, che una qualche affidabilità se la sono conquistata. Siccome penso che rivedermi in tivù fra qualche giorno davanti a una porta chiusa mi renderebbe più popolare sui taxi, ma non mi farebbe avere quell'assurdo certificato, insisto con il Comune.

"Mandiamo un dirigente", assicurano. Si accende una speranza. Arriva dopo soli dieci minuti. Si scusa, incassa le accuse. Dice: "Fossi in voi reagirei alla stessa maniera". Fa passare dallo spiraglio il commesso, creandogli una specie di corridoio umanitario lungo il quale si allontana. Poi chiude a chiave e abbassa la serranda. Finisce così, senza cambi di residenza, né variazioni di domicilio. Restiamo qui, sospesi su un ponte che non c'è, eppure ci fa cadere di sotto. E non basterà il Gabibbo per tenerci a galla.


(3 novembre 2007)

mercoledì 31 ottobre 2007

Perché la gente crede a quasi tutto?

Liberarsi da tutti i controlli, tutti i filtri, tutti i condizionamenti culturali è molto difficile oggi. Noi siamo gli esseri più condizionati, più programmati che il mondo abbia mai conosciuto. Non solo i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti vengono continuamente conformati e modellati; la nostra completa consapevolezza dell'intero disegno sembra che venga abilmente e inesorabilmente cancellata. Le porte della nostra percezione vengono regolate in modo attento e preciso. A chi dovrebbe interessare questo, giusto?

Fonte: ADHD syndrome

continua...

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venerdì 26 ottobre 2007

GAIA e i suoi parassiti


Questo è quello che ha trovato un'amica girando nella rete:

I greci pensavano la terra come una divinità, Gaia, che, come ci racconta “La Teogonia” di Esiodo, dopo il Caos, sorse e fu la progenitrice degli dei dell'Olimpo.
In seguito, Isaac Asimov nel “ciclo della fondazione” ha indicato in Gaia un pianeta lontano e affascinante.
Ma più vicino a noi lo scienziato inglese James Lovelock ha elaborato “la Teoria Gaia”, riconsiderando il modo di percepire il nostro pianeta Terra.
Secondo il pensiero di Lovelock, il nostro pianeta deve essere inteso come organismo vivente. Una “entità” sui generis con proprie regole e proprie strategie di vita, su cui (con)vivono altri organismi, l’insieme di specie animali e vegetali che con Gaia hanno stabilito un rapporto simbiotico nell’appropriarsi e restituire elementi organici nutritivi.
A un certo punto, l’equilibrio dare-avere è stato messo in crisi da uno dei componenti, l’uomo, che attualmente si appropria di più del 41% delle energie che Gaia produce. Il rapporto di biodiversità ne esce in tal modo compromesso.

domenica 30 settembre 2007

Busta di plastica

BUSTA DI PLASTICA ? NO GRAZIE NON MI SERVE !

In questo mese di settembre ho provato a riflettere su quante volte ci facciamo "rifilare" buste di plastica inutilmente. Certamente ogni situazione va analizzata singolarmente, ma pensate a quante volte accettiamo buste di plastica (spesso così minuscole da contenere solo piccolissimi oggetti, come ad esempio scatole di medicinali o singoli cd musicali) solo perché ci viene "regalata". CHE PENSIERO STUPENDO: un regalo !!!
Quante volte quell'oggetto poteva essere messo semplicemente in tasca o addirittura dentro la nostra borsa dove teniamo borsellino, agenda o cellulare ?
Quante volte siamo talmente vicini a casa che potevamo portare a mano gli oggetti che abbiamo comprato senza utilizzare nessuna borsa?
Oltre a riflettere su questo mi sono anche imposto contro questo "regalo" che non desidero ricevere. Mi sono rifiutato di accettarlo ogni volta che non ne avevo veramente bisogno dicendo: "no grazie non mi serve". In mese ho rifiutato almeno il 90% delle borse che altrimenti sarebbero diventate spazzatura nel giro di poche ore. Credo che il mio singolo gesto possa fare ben poco ma immaginate se incominciassimo a crederci tutti: molti luoghi resterebbero puliti naturalmente senza il bisogno che qualche altra persona investa enormi energie e denaro per ripulirli. So che non sono solo, altri come me hanno già incominciato a pensare a questo.
Ecco alcuni link dove poter approfondire l'argomento:
www.blogeko.info
www.promiseland.it

lunedì 17 settembre 2007

Papeleroterapia


Ecco un altro simpatico cartello piazzato sulle spiagge poco pulite di Barcelona.
Il comune ci prova a sensibilizzare le persone (per chi non capisce quello che c'è scritto: "Pratica la cestinoterapia: Getta la tua spazzatura nel cestino. Ti sentirai meglio".
Molti turisti si fermano e fanno foto incuriositi dal cartello...
Molti altri si fermano, leggono e sorridono...
Io se trovo qualcosa per terra e vedo nei paraggi un cestino, lo prendo e lo metto dentro.
In effetti mi fa sentire meglio !!!

venerdì 7 settembre 2007

Basura (2)


Come si può vedere dalle foto lo spreco a Barcelona continua a pieno ritmo. Aggiungo solo una cosa a quello che ho già scritto nel post "Basura" del 18 luglio:
Questo bidone pieno di raccoglitori (usati ma ancora in buonissimo stato) si trovava di fronte ad un istituto umanitario, "Global Humaniaria" (foto)
Spero che tutti quei raccoglitori non appartenessero a loro anche se nei confronti del danno creato a tutti noi poco importa se sono stati gettati dall'associazione umanitaria o da altri. Il danno è stato fatto e BASTA !!!
INSISTO:
CHI HA UN MINIMO DI SENSIBILITA' PROVI A FARE DI MEGLIO.

domenica 2 settembre 2007

IDEA infestante


IDEA infestante

Con i termini idea infestante, oppure mal'idea o, popolarmente, "ideaccia", si intende un' idea che, non rivestendo alcuna funzione utile per l'uomo, ne va a danneggiare la coscienza entrando in competizione o parassitizzando queste ultime.
In senso più ampio il concetto può essere esteso, oltre che alle idee infestanti il buon funzionamento del sociale, anche alle idee che, crescendo in città in maniera incontrollata, accentuano il problema dei rifiuti o fanno percepire come "sporco" o degradato il luogo ove crescono.

Il parallelismo può essere sviluppato a piacere,
ogni vostra associazione di fantasia esula dalle mie responsabilità.


Aggiungendo la mia visione dei fatti mi auspico che la nostra presa di coscienza inizi con l'analizzare i prodotti che vengono immessi sul mercato da questa conosciutissima ditta di arredamenti e non solo chiamata "IDEA".
Pensate a quanto è bassa la qualità di quasi tutti i prodotti da loro venduti, ma soprattutto in quanto tempo questi prodotti diventano "rifiuti" per voi.
Smettiamo di giocare al gioco di altri...
smettiamo di giocare al gioco del "consumismo".
Facciamo diventare i nostri scarti oggetti ancora utili.
Quando siamo stanchi delle nostre cose chiediamo a qualche amico se le vuole.
Giochiamoci per farli diventare rifiuti il più tardi possibile.
Scambiamoci oggetti, quello che a me non piace più, può essere utile a qualcun altro.
Circondiamoci di cose durevoli o che si possano aggiustare, rinnovare, allunghiamo loro la vita.
Se non siamo interessati alla vita degli oggetti
vuol dire che non siamo interessati alla nostra vita.

PRENDIAMO COSCIENZA... analizziamo quello che ci circonda.

giovedì 16 agosto 2007

Manifesto della "decrescita felice"

Per aderire al movimento è sufficiente:

- autoprodurre lo yogurt o qualsiasi altro bene primario: la passata di pomodoro, la marmellata, il pane, il succo di frutta, le torte, l’energia termica e l’energia elettrica, oggetti e utensili, le manutenzioni ordinarie;
- fornire i servizi alla persona che in genere vengono delegati a pagamento: assistenza dei figli nei primi anni d’età, degli anziani e dei disabili, dei malati e dei morenti.

L’autoproduzione sistematica di un bene o lo svolgimento di un servizio costituisce il primo grado del primo livello di adesione. I livelli successivi del primo grado sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e dei servizi alla persona erogati. L’autoproduzione energetica vale il doppio.

Il secondo grado di adesione è costituito dall’autoproduzione di tutta la filiera di un bene: dal latte allo yogurt; dal grano al pane, dalla frutta alla marmellata, dai pomodori alla passata, dalla gestione del bosco al riscaldamento. Anche nel secondo grado i livelli sono commisurati al numero dei beni autoprodotti e la filiera energetica vale il doppio.

La sede del Movimento per la Decrescita Felice viene stabilita presso… (preferibilmente un’azienda agricola, o un laboratorio artigianale, o un servizio autogestito, o una cooperativa di autoproduzione, una bottega del commercio equo e solidale, ecc.)

(tratto da www.decrescita.it)

martedì 7 agosto 2007

PIL o BIL

Questo è un articolo che ho trovato su www.decrescitafelice.it

A mio parere molto interessante la considerazione che viene fatta sul PIL (Prodotto interno lordo) e l'assurdità che questo sistema ha creato nei confronti del modo di vedere lo sviluppo di un paese. In questo articolo e nel sito www.depiliamoci.it viene proposto un nuovo indicatore di sviluppo sociale: il BIL (Benessere interno lordo)

LEGGETE DA SOLI E VALUTATE

DePILiamoci, passare dal PIL al BIL

Il 15 giugno alle 18 nella discarica comunale di Coversano (BA) è stato presentato il libro DePILiamoci pubblicato da Editori Riuniti.

Si tratta di un libro che rientra in un più ampio progetto, portato avanti da Nello DE PADOVA e da Roberto LORUSSO, per la diffusione della Cultura del BIL (Benessere Interno Lordo); progetto che nasce nell'ambito di una comune riflessione sui temi della Decrescita, termine con cui si identifica una corrente di pensiero sviluppatasi in Francia circa 30 anni nell'ambito del MAUSS (Movimento Anti Utilitarista nelle Scienze Sociali) ed in particolare sulla declinazione italiana che vede in Maurizio PALLANTE e nel suo MDF (Movimento per la Decrescita Felice) la massima espressione.

Il cuore del progetto è un portale (www.depiliamoci.it)

Qui di seguito si riporta la quarta di copertina del libro che esprime sinteticamente la logica complessiva del progetto che gli autori hanno in mente:
Come riuscire a passare dalla cultura del PIL (Prodotto Interno Lordo) alla cultura del BIL (Benessere Interno Lordo)?
Bastano pochi semplici gesti quotidiani: gesti da cittadino, da genitore, da imprenditore, da figlio, da educatore, da politico.
Comportamenti che non richiedono grandi sforzi, nessuna rinuncia, nessun sacrificio, solo buona volontà e consapevolezza.
Per superare il circolo vizioso del PIL superfluo basta riflettere, evitare gli sprechi ed attuare un consumo delle risorse consapevole dei bisogni delle generazioni che verranno.
utilizza la mappa del BIL, contenuta nel libro, scegli una direzione e scoprirai come ogni percorso genera un circolo virtuoso, orientato al vero benessere. Le schede, semplici e divertenti, ti aiuteranno a capire come è facile contribuire al BIL.
Cerca gli altri effetti positivi non tracciati nella mappa, ipotizza nuovi percorsi, inserisci nuovi elementi e collegali a quelli già esistenti.
Crea: vai sul sito www.depiliamoci.it e aiutaci a fare crescere la mappa.
DEPILIAMOCI è un esperimento di condivisione open-source di idee, di conoscenze e di proposte – vecchie e nuove – ma anche un percorso di integrazione tra la carta stampata e la Rete.
DEPILIAMOCI è coerente con se stesso: è uno strumento copyleft.



Gli uomini hanno i riflessi lenti; in genere capiscono solo nelle generazioni successive
(Lec Stanislaw Jerzy)



lunedì 30 luglio 2007

Playa de la Barceloneta

Da qualche anno Barcelona si è attrezzata per avere una spiaggia davanti alla città. Non che sia una spiaggia caraibica (la sabbia in realtà è molto terrosa) ma tutto sommato un posto piacevole che fino a qualche hanno fa non esisteva. Il problema è che molta della gente che frequenta questo posto non si interessa minimamente di mantenerla pulita. L'Ajuntamiento (Comune) si è impegnato a sensibilizzare la gente con dei cartelli che trovo molto simpatici...


con su scritto: "Ti dimentichi il cellulare? il portafoglio? e la spazzatura?". Questo però a quanto pare non serve a mantenere la spiaggia pulita come dovrebbe essere. I bagnanti infatti si sono ormai abituati a convivere con ogni sorta di rifiuto...



nessuno, a quanto pare, si preoccupa della spazzatura che lo circonda. Per non parlare dei mozziconi di sigaretta che sembrano ormai granelli di sabbia. Quello che personalmente mi sconvolge di più è che per i bambini tutta questa spazzatura diventa un oggetto con cui giocare. Nella foto sotto si può vedere infatti una bambina che sta giocando con suo padre, fino a qui tutto perfetto. Quello che si vede in primo piano però sono i "giochi" che la bambina stessa aveva raccolto in un raggio di pochi metri di spiaggia.


Non so forse sono cresciuto in maniera troppo strana... ma i miei giochi di quando da piccolo andavo al mare erano palette e secchielli di plastica, che mi portavo da casa e che i miei si preoccupavano di farmi riportare a casa, per averli di nuovo la volta dopo. Se mi vedevano con un mozzicone di sigaretta in mano (cosa che non ricordo di aver mai trovato) mi avrebbero detto subito di posarlo, che quella cosa era "cacca", o qualche nomignolo del genere. Nella spiaggia di Barcelona invece ho visto giocare i bambini con ogni tipo di rifiuto, persino mozziconi di sigaretta, senza che i patri dicessero nulla. Forse il mare e il sale alla fine "disinfetta" tutto, o forse è giusto che questi rifiuti diventino oggetti normali da trovare in una spiaggia, visto il crescente aumento di questi. Non so quale strada prenderà la storia ma credo che se ognuno di noi si preoccupasse di portarsi via la propria spazzatura, mettendola nei primi contenitori della spazzatura, che il comune a distribuito sulla spiaggia, nessuno dovrebbe pulire e i bambini potrebbero giocare in un posto più igenico. In bocca al lupo a tutte le spiagge e chi crede che sia giusto quello che ho detto, si preoccupi di portare via la propria spazzatura e magari di raccogliere anche altre due cose lasciate da chi le ha dimenticate.

mercoledì 18 luglio 2007

Basura




Questa volta vorrei riflettere sullo sviluppo della Spagna.
In questi mesi a Barcelona ho conosciuto diversi Italiani che vivono qui o che ci sono passati solo come turisti, la cosa che mi ha colpito è che tutti mi hanno detto: "...la Spagna è avanti!!! ormai sta facendo il c..o anche all'Italia...".
In un primo momento anche a me a fatto questa impressione ma poi con il passare del tempo, passeggiando per le strade della città, mi sono imbattuto sempre in situazioni analoghe a quelle della foto sopra. Contenitori di metallo pieni di "rifiuti". Rifiuti perché ormai messi dentro a quei contenitori di metallo, ma non rifiuti perché lo siano veramente. Quello che vi presento è solo un esempio rappresentativo di quello che si può incontrare per le strade. In questo caso il contenitore era pieno fino all'orlo di raccoglitori ad anelli, buste di plastica trasparenti per fogli A4 e altre cose da ufficio. Ora mi domando e vi domando: Forse queste cose usate ma ancora in buonissimo stato non avrebbero avuto un mercato? Non potevano servire a qualcun altro? Forse non sarebbe stato facilissimo venderle (anche se qui esistono i così detti "mercatini delle pulci", dove avrebbero avuto un mercato). Ma anche solo se fossero state regalate non sarebbe stato meglio? Non si sarebbe evitato dei rifiuti inutili? E se le avessero anche semplicemente messe fuori dall'ufficio, che li vicino stavano rinnovando, con su un cartello "regaliamo raccoglitori". Non sarebbe costato niente a nessuno! e si sarebbe evitato il formarsi di altri inutili rifiuti.
Quello su cui dovremmo riflettere tutti è proprio il momento in cui qualsiasi cosa si trasforma da "bene di consumo" a "rifiuto". Cerchiamo che questo succeda il più tardi possibile per ogni prodotto che ci circonda. In questo modo si che i paesi potranno definirsi "avanti". Personalmente non credo che la Spagna sia avanti rispetto a nessuno... è semplicemente entrata a far parte in maniera dirompente di quel meccanismo chiamato "consumismo".
Concludo sperando che qualsiasi cosa possediate continui a essere di vostro aiuto, magari cambiando anche funzione, e che diventi rifiuto il più tardi possibile.

martedì 17 luglio 2007

Barcelona

In questi ultimi mesi sto vivendo a Barcelona (Spagna), splendida città ma trattata in un modo veramente indecente. Forse anche per il fatto che prima ho vissuto a Berlino (città dove le persone hanno un rispetto maggiore per le cose), una volta arrivato qui mi sono sconvolto della spazzatura che si produce e di quella che viene lasciata ovunque.
La prima cosa che mi ha colpito è la quantità di cose che vengono buttate ogni settimana durante il "dia del trasto" (un giorno durante il quale ognuno può lasciare per strada quello che non usa più). In questo giorno puoi trovare veramente di tutto, altro che IKEA, si potrebbe arredarsi un appartamento senza comprare assolutamente niente. Infatti, per fortuna, ho già visto persone che passano con dei furgoni e raccolgono le cose, credo però solo per recuperare legno, ferro e altre materie prime. Sicuramente è già qualcosa di positivo ma quello che viene buttato spesso è veramente di ottima qualità e non ancora distrutto.
La seconda cosa che mi ha veramente abbattuto è vedere che la spiaggia di fronte a Barcelona sia così piena di rifiuti da essere ormai diventati parte integrante della sabbia. Stendi il tuo telo e dopo il primo momento di "goduria" dovuta naturalmente al sole e al mare, incominci a mettere a fuoco che la spiaggia non è fatta solo di "sabbia naturale"; insieme a questi piccoli granelli scorgi sempre più elementi creati dall'uomo e lasciati li da altri uomini che dopo essersi fatti un bel bagno e aver mangiato e bevuto se ne sono andati pensando di aver passato la giornata all'interno di un'enorme cestino della spazzatura. Come si fa a non capire che tutti insieme potremmo mantenere la spiaggia (e ogni altro luogo della città) molto più puliti. Come diceva una vecchia pubblicità "è più facile tener pulito che pulire". Quello che posso aggiungere è che ognuno di noi provi a farsi un "esamino" di coscienza... Se non sporchiamo anche la spesa pubblica necessaria per mantener pulito sarebbe ridotta drasticamente, a vantaggio di tutti.

David de Rothschild

Come prima cosa voglio inserire una frase di David de Rothschild che sento molto vicina al mio modo di pensare:
"E' più concreto pensare che come consumatori abbiamo un potere enorme: Se non compriamo il business si deve adeguare. E' l'ora di darci una mossa"

Riflettiamo su questa frase fatta da uno degli uomini più ricchi della terra. Non ricordo bene che cosa possiede ma fa parte di una famiglia molto ricca. Potete fare una semplice ricerca con Google e scoprire le sue origini. Questa frase io l'ho trovata su una rivista in un bar di Castiglioncello (non ricordo il nome della rivista). Nella rivista si spiegava le sue origini, il suo modo di pensare, il fatto che si stia impegnando per migliorare il mondo. Inoltre si citava un sito (www.adventureecology.com) dove si discute appunto sulle sorti del nostro pianeta terra.
Perché è proprio questo che dobbiamo capire: Il pianeta terra è nostro, ma non nel senso che ne possiamo fare quello che vogliamo... è nostro perché tutti insieme possiamo farlo diventare migliore di quello che è adesso, con un beneficio per tutti.