venerdì 4 gennaio 2008

IKEA


Già da molto tempo sono contrario ai prodotti IKEA per la loro pessima qualità. Dopo aver letto questo libro e aver preso coscienza della pessima politica che il gruppo attua nei confronti dei suoi lavoratori diretti e non, farò tutto il possibile per diffondere la mia idea. SFIDO CHIUNQUE A LEGGERE QUESTO LIBRO E POI METTERE PIEDE DI NUOVO IN UNO DEI LORO PUNTI VENDITA SENZA AVER UN MINIMO RIMORSO DI COSCIENZA.

IL LIBRO:
«Ikea in India: un lavoro da smontare. Dopo aver installato negozi in Russia e in Cina, mercati promettenti, il gigante svedese Ikea ha comunicato, in ottobre, che non intende aprirne in India "per via della legislazione eccessivamente vincolante per le imprese straniere". Il gruppo si accontenta di fabbricarvi i prodotti, senza vincoli, soprattutto sindacali, pagando ogni lavoratore 1,60 euro al giorno...»

E' uscito il 24 settembre il libro al centro di una grande campagna internazionale di un'importante ONG europea sulle condizioni del lavoro negli stabilimenti IKEA di tutto il mondo.

IKEA è oggi uno dei brand mondiali più conosciuti e amati, specialmente dai giovani - è stato calcolato che un bambino su dieci in Europa viene concepito in un letto IKEA. Con la sua immagine pulita, i prezzi bassissimi, i mobili carini, IKEA in apparenza è una azienda modello, attenta all'impatto ambientale delle proprie lavorazioni e rispettosa dei diritti dei lavoratori.

IKEA è socialmente responsabile.
IKEA è impegnata nella difesa dell'ambiente.
IKEA è al servizio del maggior numero possibile di persone.
IKEA vuole migliorare il nostro quotidiano.
IKEA ci ama.

Così vuole apparire agli occhi del grande pubblico la multinazionale del prêt-à-habiter. Ma la sua immagine di azienda etica è frutto di pratiche effettivamente responsabili o solo di un'ottima strategia di comunicazione?

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le denunce di sfruttamento del lavoro minorile nei Paese sottosviluppati, le denunce dei sindacati circa il mancato rispetto degli orari di lavoro contrattuali, quelle dei fornitori costretti a lavorare a condizioni inique, l'impiego di materiali pericolosi per la salute come la formaldeide o per l'ambiente come il PVC negli imballaggi...
L'ONG belga Oxfam-Magasins du monde ha voluto saperne di più e ha avviato un'inchiesta per far luce sulle modalità di lavorazione dei prodotti IKEA, sul sistema di approvvigionamento del legname e sull'applicazione delle norme di rispetto ambientale, sulle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti diretti e di quelli dei suoi subappaltatori.

La conclusione è che gli impegni assunti da IKEA, per quanto lodevoli e concreti, sono insufficienti a garantire soluzioni accettabili per la salvaguardia dell'ambiente e dei diritti dei lavoratori.
Tanto più che, nell'ottica di un riserbo portato all'estremo, i suoi bilanci e i controlli effettuati in base al codice di condotta interno all'azienda (IWAY) non sono accessibili al pubblico.

L'IKEA è dunque il soggetto ideale per una seria inchiesta giornalistica condotta senza pregiudizi ideologici alla ricerca di una verità scomoda. Questo libro però non parla soltanto di IKEA, ma anche (soprattutto?) di noi.

Il modello di sviluppo che, direttamente o indirettamente, è incoraggiato dalle pratiche del gruppo - acquistare sempre più cose, a un prezzo sempre più basso, da conservare per un tempo sempre più breve - è incoerente con un discorso sociale ed ecologico credibile. Per questo la responsabilità di accettare o rifiutare un modello di sovraproduzione e sovraconsumo ricade su noi acquirenti: scegliamo di consumare meno e meglio, in modo più equo, ribellandoci alla dolce influenza delle multinazionali.

L'agile volume di Bailly, Lambert e Caudron è una lettura sorprendente, una serrata inchiesta giornalistica sull'universo IKEA, condotta sul filo di preziose - e anonime - testimonianze di lavoratori e fornitori che compongono la galassia IKEA in tutto il mondo, dal Vietnam alla Bulgaria, dall'India al Belgio. Dati alla mano, ne risulta un quadro inquietante, certo molto diverso dall'immagine accattivante che la multinazionale svedese ha in tutto il mondo.

Gli autori
Olivier Bailly è un giornalista free-lance e nella sua casa trova posto un tavolo IKEA.
Denis Lambert è il Segretario generale della ONG belga Oxfam-Magasins du monde. A casa sua ha una sedia IKEA.
Jean-Marc Caudron è ricercatore presso la Oxfam-Magasins du monde. Nel suo appartamento si trovano ben due vasi IKEA.

«Attualmente IKEA mantiene il massimo riserbo sulla lista dei suoi fornitori e dei paesi d'origine del suo legname. IKEA non rivela i propri conti. IKEA nasconde la propria struttura giuridica. Più che informarci, IKEA ci dà in pasto storie che non stanno né in cielo né in terra, delle saghe farcite di aneddoti su un sedicente miliardario spilorcio.»

«Come IKEA ripete, la sua missione è rendervi più felici e per riuscirci dovete acquistare sempre di più. I depressi del mondo industrializzato devono ancora chiedersi come mai non sono riusciti a essere felici in mezzo a tante ricchezze materiali»

1 commento:

Anonimo ha detto...

al bando l'ikea